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Riforma del catasto: tutto quello che devi sapere

Scopri le più importanti novità e gli effetti della riforma del catasto sui beni immobili.

4' di lettura

Tra le varie riforme che il 2022 ha portato con sé, l’articolo 6 della legge delega approvata dal Governo il 5 ottobre 2021, quella che riguarda la revisione del sistema catastale, è stato approvato il 3 marzo 2022 con un solo voto di scarto, nonostante i dibattiti e le forze politiche contrarie. La riforma vuole attualizzare la mappatura degli immobili, adeguandola alla realtà attuale e ammodernando il sistema del catasto, la cui ultima modifica strutturale risale al 1989. Vediamo insieme che cosa prevede questa importante revisione e quali conseguenze avrà su chi possiede una casa. 

Riforma del catasto 2022: cosa prevede?

L’Agenzia delle Entrate ritiene che attualmente ci siano oltre 1,2 milioni di unità immobiliari urbane non censite in catasto, e si stima che l’evasione fiscale delle imposte immobiliari equivalga a circa 6 miliardi di €. Considerando che l’ultima revisione importante del sistema di rilevazione catastale risale al biennio 1988-89 e i valori catastali utilizzati, nonché il numero delle classi per le categorie catastali, sono gli stessi da 32 anni (con numerosi tentativi di revisione di tali valori falliti negli anni, avvenuti nel 1998, 2005, 2011, 2013 e 2014) è evidente che si tratta di un sistema ormai distante dalla realtà, in cui è presente una grande disparità tra valore di mercato e valore catastale delle proprietà immobiliari.

La riforma del catasto del governo Draghi intende risolvere questo, con l’obiettivo di:

  • Ammodernare il sistema catastale
  • Identificare le irregolarità catastali e classificarle correttamente
  • Aggiornare i valori catastali degli immobili in linea con i valori di mercato odierni

Per modernizzare gli strumenti di individuazione e controllo dei terreni e dei fabbricati è previsto un nuovo sistema di mappatura con strumenti aggiornati dedicato ai Comuni e dell’Agenzia delle Entrate che servirà a far emergere e classificare correttamente gli immobili non accatastati correttamente, quelli non registrati (abusivi), per i quali i proprietari attualmente non pagano tasse, e i terreni edificabili accatastati come terreni agricoli. La riforma include anche incentivi specifici per favorire le attività di accertamento e lo scambio di dati e documenti in via telematica tra gli enti comunali e l’Agenzia delle Entrate. 

Per quanto riguarda le rendite, a ciascuna unità immobiliare verrà attribuito il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata, quando possibile, sui valori espressi dal mercato, per ricalibrare il valore delle abitazioni tenendo conto anche del luogo in cui sono costruite e creare una nuova mappatura con l’aumento delle zone catastali nelle città. Inoltre, nella classificazione del catasto, il numero di vani lascerà spazio ai metri quadri: come criterio di classificazione verrà infatti utilizzato il valore di mercato al metro quadro, corretto secondo un coefficiente che tiene conto della localizzazione e delle caratteristiche edilizie dell’immobile.

Quando entra in vigore la riforma del catasto?

Il via libera per la riforma effettiva del catasto è previsto per il 1 gennaio 2026: è questa la data in cui avverrà l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto e in cui verranno attribuiti d ogni unità immobiliare un valore patrimoniale e una rendita aggiornata in base ai valori di mercato attuali.

Cosa comporta la riforma del catasto per IMU e ISEE?

L’articolo 6 della legge delega sul fisco dello scorso autunno rappresenta una riforma particolarmente controversa, oggetto di lungo dibattito alla Camera, soprattutto per quanto riguarda la questione della pressione economica che potrebbe esercitare su chi possiede una casa. Da una parte, secondo il Governo, l’effetto delle nuove rendite catastali su imposte come IMU (Imposta Municipale Propria), imposte ipocatastali, imposta di registro, ecc. o i valori ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), non dovrà produrre alcun aumento fiscale su chi possiede una casa. La riforma, infatti, prevede che alle informazioni attualmente esistenti sui beni immobili venga semplicemente affiancato il loro valore catastale, impedendo che vengano utilizzati per determinare la base di imponibile per il pagamento di eventuali imposte. C’è anche chi si oppone alla revisione, tuttavia, ritenendo che non esista alcuna garanzia che i nuovi dati catastali non possano essere utilizzati per scopi fiscali in futuro e lo scenario entro il 2026 potrebbe dunque cambiare.

Secondo le simulazioni di UIL Servizio Lavoro e Territorio basate sui valori OMI (Osservatorio Mercato Immobiliare), le rendite catastali aumenteranno mediamente del 128,3% a livello nazionale, per un impatto sull’IMU medio di 1.150 € (passando dagli 896 € attuali a 2.046 € di imposta). Per quanto riguarda il calcolo dell’ISEE, invece, una prima casa varrà in media 75.000 € in più. Si tratta di un aumento non indifferente, che però dovrebbe portare ad una ripartizione più equa e giusta del prelievo fiscale sugli immobili. Al momento, infatti, esistono scenari paradossali per cui una casa di pregio in centro storico possiede una rendita catastale bassa, mentre un appartamento di recente costruzione in periferia, pur avendo un prezzo al metro quadro relativamente basso, ha una tassazione alta. 

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